sabato 11 febbraio 2012

Perché volevo che fossi tu.
Volevo fossi tu in questo posto, quello che da altri trovo quando sono a casa mia.

Volevo che tu, come sai fare senza accorgertene, mi potessi tranquillizzare le volte in cui le cose non sarebbero andate, che sapendo di me saresti stato amico e appoggio nelle poche occasioni in cui mi fossi azzardata chiedere.

Nessuno era capace di trasmettere quel senso di rassegnata e solida sicurezza nel mezzo dello schifo nelle giornate peggiori come facevi, manco lo sapessi, tu.

Invece non si può, perché non mi vuoi e non me ne faccio niente di una birra in compagnia perché non è quello che mi serve e non mi basta che ogni tanto, se ricordi che anche io esisto, mi scrivi una cagata inutile.

Non lo voglio, non mi interessa.

E pace per le volte in cui mi mancherai, come in pace sono finite le volte in cui già mi sei mancato, da ottobre ogni giorno in cui ti ho visto.

Perché io m'innamoro delle persone, in un senso che è diverso dal sentimentalismo di cui spesso si parla in giro e ti auguro di riuscire a farlo anche tu prima o poi.
Per me è inutile restare, soffro il contagio della gente che ascolto e non voglio trovarmi come te: a guardarmi attorno come se tutti fossero estranei.

Non ho iniziato a passare serate insieme a voi per caso: mi piace girare da una parte e dall'altra, restare per un po' e poi andarmene portandomi appresso qualche filo, qualche persona importante e il mazzo che ho è il bello che conosco delle cose.
Di stare con voi ormai ho finito e mi va di essere altrove, solo avrei preferito di sapere di poter tornare ogni tanto di te seguendo uno di quei fili che conosco ognuno per nome.

Non le voglio più quelle birre tutti insieme perché non farebbero altro che ricordarmi quanto non mi hai voluto.
Non hai voluto le volte in cui ti guardavo in campo che non ho mai capito perché fosse una cosa a cui tenevi, non mi hai voluta quando la sera che gli altri erano partiti c'ero rimasta io per due chiacchere e un giro, non mi hai voluta le volte in cui mi hai parlato di te, era solo uno stanco annuire al fatto che - per caso, perché io ti volevo - passassi di lì.
Non mi hai voluta quando ti parlavo provando di indovinare qualcosa di cui chiaccherare insieme, non mi hai voluta quando ti ho scritto, quando ero preoccupata, quando stavamo in silenzio.

Sono felice di ogni volta che ci sono stata perché io lo volevo e sono triste di ogni volta che ci sono stata perché non lo volevi tu.
Un insieme di alzate spalle e inutili sì non significano niente, avevo solo sperato fossero piccoli lego che avrebbero costruito prima o poi un muro contro il quale sedersi insieme a sapere chi si era.
E se tu leggessi questo so che lo guarderesti come un qualcosa di estraneo, che nemmeno ti riguarda e avresti ragione: ho fatto tutto io.

Un viaggio in testa, conclusioni sbagliate, pensarti come si pensa quando ci si vuole bene.

E mentre tu davanti ai miei occhi anche se non ci sei, rimani con quell'espressione inutile come del resto tutto quanto di mio ha avuto a che fare con te e di nuovo alzi le spalle, io alzo il culo e me ne vado via.
Sapendo perfettamente che a te niente cambierà.

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