domenica 18 dicembre 2011

Di nuovo fatico a studiare, non mi concentro più, dalla stanza a fianco vengono parole strillate e stronzate che non voglio sentire da un televisore a volume troppo alto, devo andare a lavorare e l'esame è dopo domani e so già che dopo lavoro non farò un accidente.
Però Umberto si è ricordato di scrivermi com'è andata la partita e mi vien da sorridere.
Oggi c'è il sole.
Per fortuna però mi trovo a casa-casa: la finestra della mia stanza da letto è piccola e la luce della scrivania accesa, con le persiane accostate sembra comunque sera.
Fa sentire al sicuro, la sera.

Mia nonna spadella in cucina cose unte, non sono più abituata a mangiare quella roba lì né lei è più abituata alla mia presenza.
- Stamattina parlavi fortissimo al telefono
- Ah sì, mi ero dimenticata che eri qui.
Grazie mille.

Pensavo, probabilmente dovrei smetterla di pormi nei confronti del mondo come una bambinona cerebrolesa che nemmeno capisce dove si trova e perché.
Ok, ogni tanto mi sento sul serio così, specie se appena sveglia.
Un paio di mesi fa parlando con i miei allenatori, mi sono sentita chiedere come mai ci tenessi tanto a passare da scema.
Non lo so, è che preferisco.
Niente aspettative, niente pressioni, sono in così tanti a pensarmi più intelligente e in gamba di quanto non sia realmente che forse ho solo bisogno di controbilanciare.

Qualche ora fa Nene mi ha scritto per comunicarmi che pensava di avere una pleurite o un qualche problema cardiaco, mettendomi ansia quanto basta, per poi concludere che non farà alcunché.
- Và direttamente in reparto, trova un prof e fatti visitare
- No no, avevo solo bisogno di un calcio nel culo per alzarmi dal letto
ha ribattuto e ho immaginato le parole dette con la sua voce allegra, cristallina come sempre e ho pensato che è proprio scema.
Sorridendo però.

Ieri ho scritto a Umberto di farmi sapere come sarebbe andata la partita, visto che è in trasferta e lui mi ha detto sì, che mi avrebbe aggiornata e mi ha chiesto come sta una persona della quale gli avevo accennato.
Due settimane fa, gliene avevo accennato, persona a lui del tutto sconosciuta, livello di interesse della questione: nullo.
Quel dannato non si ricorda mai cose ben più facili o più importanti e si è ricordato questa e un po' rido e un po' lo prenderei a schiaffi.
Poi passa un minuto e non ci penso più.

venerdì 16 dicembre 2011

Ieri nel tardo pomeriggio, dopo settimane che non lo sentivo, Salvo mi ha scritto.
Non so se sia il karma, il periodo perinatalizio, la sfiga o che, ma pare che tutti i peggio personaggi delle mie storie si siano messi d'accordo per dare il peggio di sé: Umberto che non mi considera, Giovanni me lo sogno, Salvo mi riscrive.
Così è tutto sbagliato, al contrario accidenti.

La scrivania sta sotto alla finestra e la luce anche oggi resta grigia intristisce le dispense ma mi piace così, non ho voglia di accendere la lampada, che tra le altre cose produce un alone luminoso tanto freddo e secco che pare d'entrare in un x-file, non ho voglia di pensarci.

Più di un'ora fa ho salutato Salvo con un "Devo studiare, ciao ciao".
"Bacio" mi ha detto lui.
Sì bravo, vaffanculo ho pensato io perché mi avevi detto che non sarebbe passato un anno intero prima di rivederci e invece altroché.

Ania oggi si è alzata tardi, io anche ma posso fingere che non sia così.
La sento muoversi in cucina.
Che tipo strano lei: è nervosa e aggraziata, femminile, un po' schizzata e non si capisce perché stia chiusa in fissazioni tutte sue delle quali incolpa il mondo senza tuttavia avercela troppo con lui.
- Ania guarda che se oggi tu ti vedi brutta o che, è una percezione tua: in quanto rappresentante del resto del mondo ti assicuro che sei bella come sempre
- Sarà, boh.. ma boh, è che non mi vedo ecco, vado in camera tanto oggi non devo uscire perché non ho tirocinio.
Chissà oggi come si vede.

Questi giorni sono brutti.
Ogni volta che vado giù, per non pensare a come affrontare i pesi che mi affondano, mi fisso con un cazzo di maschio.
Solo per avere una distrazione mentale che distolga dalle ansie vere, per dimenticare come stanno sul serio le cose dietro la copertina di un infinito e patetico romanzetto rosa, per non pensare a quello che mi fa paura forse.
Voglio andare a casa, ho bisogno della mia famiglia.

giovedì 15 dicembre 2011

Queste ultime settimane si stanno confondendo in un sacco di grigio e niente.
Denso come la nebbia, inevitabile come uno sbuffo di farina, mescola tutto quello che dovrebbe essere ordinato e brillante, chiaro.
Non va bene, non va per niente bene così.

Martedì Umberto aveva detto che se fosse uscito mi avrebbe fatto sapere.
Chiaramente non si è fatto vivo e anche se sapevo significare semplicemente che se n'era andato a letto, il giorno dopo gli ho scritto "A volte aspettare un messaggio da te è come credere negli unicorni. O nella politica" che non ha molto senso ma ridevo in modo un po' isterico e rassegnato dell'aver imparato a capirlo ormai, scrivevo per noia, per sentirlo.
Lui fino a qualche mese fa mi calmava sempre, senza nemmeno volerlo, con la sola presenza.
Ora non funziona più.
Ho riso comunque quando alla sua obiezione "Ma non sono uscito!" la mia risposta "Ma dillo!" ha portato a "Mmm ha senso in effetti - faccina sorriso - sorry".
Lui che ti dà ragione, sempre divertente, raro.

Stanotte ho sognato Giovanni e ultimamente mi capita spesso, anche se ci siamo lasciati da alcuni anni - non so perché - il pensiero di lui torna ogni volta che vado giù.
Presumo che il mio subconscio sia piuttosto terrorizzato visto il numero di episodi in cui quella faccia di merda è ricomparsa a mettere dita dove non doveva, a masturbare le mie piaghe.
Amarlo è stato molto bello, per quello che ricordo, peccato che quell'amore fosse solo la ridicola pagliacciata di due adolescenti saccenti che credevano con così tanta forza di aver ragione da dimenticarsi l'uno dell'altra.
Bah, storia vecchia.

Ero ancora con lui la volta in cui, almeno otto anni fa, ho conosciuto Umberto.
Che era odioso, ma così odioso che non ci ho parlato per i successivi sette anni e mi fa sempre sorridere il pensiero di quella sera, come mi fa sempre mettere una mano davanti al viso e scuotere vergognosa la testa ripensare a come io e lui abbiamo ricominciato ad avere a che fare.

Ora è troppo, a cui ripensare.
Tutta quella nebbia e quella farina mi si impastano attorno al cuore e impediscono ai polmoni di espandersi, così legati insieme ed è tanto opprimente che una sigaretta di certo non peggiorerà questa sensazione.

mercoledì 14 dicembre 2011

Nene è instancabile: a qualunque ora mi svegli - regolarmente dopo di lei - sta ripetendo.
Ogni tanto tossisce.
Così si dovrebbe fare, così dovrei fare anche io.

Ieri e il giorno prima sono stati vuoti e sprecati, scorsi via senza che me ne accorgessi, senza fare una delle milioni di cose che avrei potuto, anche non studiando.

La schiena mi fa male, nonostante questo letto sia di quelli fatti bene, la mattina che adesso sta a metà dev'essere uggiosa ma non ho ancora guardato fuori dalla finestra.

Non mi sento bene, non è così che deve andare.

Ania dorme fino a tardi.
Tipo strano lei: sorride, ti ascolta, dimentica in un minuto poi ti ripropone la domanda su quanto ha dimenticato un'infinità di volte durante lo stesso discorso.
Quando tu inizi la risposta lei ricorda e replica, parlando in fretta: "Eh già che me lo avevi detto, che scema" con indosso il suo sorriso di sempre.


martedì 13 dicembre 2011

Qualcuno è passato in corridoio, chiamo Ania per capire se è lei.

Arrivo in cucina e Nene si sta facendo il tè, si è appena svegliata.

- Volevo vedere se era Ania così andavamo a fumare assieme
- Ania è in soggiorno, chiamala
- L'ho chiamata, non risponde. Non fumo e mangio una carota
- Vuoi un po' di tè?
- No grazie, forse voglio andare a correre, a dopo. Lo so, non c'entra.

La carota è dolciastra e anche amara, la mastico velocemente qui davanti al computer.

Oggi Tina mi ha detto che lui lo dovrei proprio vedere quando è preso: diventa uno zerbino, muove mari e monti, ostinato.
Già.
Mi rattrista sapere che non muoverebbe mai mari e monti per me.
Come mi rattrista pensare che quando troverà qualcuna per muovere tutte quelle cose lì, non ci sarà più insieme a noi, avrà di meglio da fare.
Non so se sia presto o tardi per pensarci, a me importa solo che capisca: non me ne vado, io resto.
Chissà se la sua solitudine durerà abbastanza da permettermi di ottenere un po' di fiducia.

A volte è faticoso, avere cura della fiducia altrui ma è anche la sola cosa che mi viene bene senza sforzo e collezionarla è lieve e naturale come guardare un insetto volare lontano.

Meno che con lui.
Lui ha tutto quello che di adorabile possono avere le persone: intelligente, brillante, divertente, bello davvero.
Che di solito sono elementi di valore aggiunto.
Insomma, che si vanno a sommare ad una struttura preesistente, sul potersi definire di base un essere umano.
Ecco, lui non ce l'ha questa struttura.

Lui non si affeziona, non solidarizza, non ti cerca, non gli cambia nulla che tu esista o meno.
Non credo che ricordi ancora la mia esistenza quando esco dal suo campo visivo, come i bambini sotto i due anni.

Per questo non è che ci si può proprio innamorare.
Ci passi un po' di tempo quando è in buona, contenta di vederlo felice, ammucchi i momenti divertenti di qualche serata insieme e ti trovi il giorno dopo a non sentirti ancora abbastanza in confidenza per mandargli un messaggio del tutto innocuo.

Gente strana, per questo mi piace.

Il tempo è scorso e mi va una sigaretta, sono in tempo per guardarmi un po' di cielo colorato prima che scurisca del tutto.

Nella stanza di fianco alla mia Nene ripete, seduta sul suo culo perfetto, diligente e bionda con una grazia tutta del nord.
Ania non so dove sia, avrei fumato volentieri con lei ma non mi va di disturbarla mentre studia o pensa ai fatti suoi dietro alla tenda di capelli lisci e scuri, gli occhi grandi e il sorriso largo.